Speciale carne rossa - La Palestra

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Dossier

Speciale carne rossa

Carne rossa sotto la lente d’ingrandimento. Ma davvero la carne rossa provoca il tumore? È questo che ha rilevato l’OMS?

In queste ultime settimane ho dovuto, mio malgrado, rispondere decine di volte al quesito più “gettonato” del momento, ovvero: la carne rossa provoca il tumore? Tra sedicenti ricerche scientifiche e boutade alquanto azzardate, ne ho sentite davvero di… “cotte e di crude”. Alcune di queste informazioni avevano, in effetti, un fondamento scientifico, ma altre le ho trovate davvero simpatiche e bizzarre, come quella teoria, esposta da un “esperto” durante una trasmissione radiofonica, secondo cui mangiare carne rossa equivarrebbe a fumare 600 sigarette.

Insomma, se certe dicerie avessero dignità scientifica, all’ingresso di tutte le macellerie bisognerebbe appendere un cartello con su scritto: “Lasciate ogni speranza voi ch’intrate…”. Come spesso capita quando la psicosi contagia l’opinione pubblica, anche questa volta abbiamo sfiorato il ridicolo. La mia filosofia professionale è sempre stata incentrata sulla teoria dell’equilibrio. Per questo la cosa più saggia, anche in questa occasione, è non lasciarsi prendere dai deliri del momento e valutare con lucidità tutte le sfaccettature della questione. Insomma, keep calm e ragioniamo secondo logica.

La carne rossa è cancerogena?
Partiamo dall’inizio. È già da diverso tempo che si dice e si legge che “la carne rossa fa male”. Spesso carni e insaccati vengono associati a una dieta sbagliata perché il loro consumo eccessivo provocherebbe il cancro. La bomba mediatica, deflagrata qualche giorno prima di Halloween, ha spinto tutti gli organi d’informazione a diffondere il messaggio secondo cui la “carne rossa e quella lavorata sarebbe cancerogena”, “più nociva dell’amianto”, “pericolosa come alcool e sigarette” e chi più ne ha più ne metta. La viralità della notizia, come puntualmente accade in una società globalizzata, ha subito contagiato l’opinione pubblica soprattutto perché arrivava da fonte autorevole, e nel mondo ultra-ricettivo dei social #carne o #carnerossa è stato uno degli hashtag più utilizzati.

Il documento dell’OMS
Per completezza di informazione penso che, al di là del gossip e delle sintesi da bar, la cosa più corretta, in questi casi, sia partire dalle carte. Ovvero analizzare prima di tutto il documento redatto il 26 ottobre 2015 dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) per l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità WHO).

Il documento si ispira ad uno studio scientifico pubblicato su The Lancet Oncology il 23 ottobre 2015. Nel documento dello IARC, nel quale vengono analizzati 800 studi epidemiologici, ventidue esperti provenienti da 10 paesi hanno indagato l’associazione tra carne rossa e cancro, analizzando i regimi dietetici delle diverse popolazioni etniche. Gli studiosi dello IARC hanno classificato la carne rossa (carni muscolari di mammifero, come manzo, vitello, maiale, agnello, cavallo, capra e montone) nel Gruppo 2 A, ovvero il gruppo che classifica gli alimenti come “probabili carcinogenici in umani”. Sintetizzando, ma solo in linea teorica, la carne rossa potrebbe avere effetti carcinogenici. E, per l’esattezza, potrebbe generare il cancro colon rettale, ma probabilmente anche il cancro pancreatico e prostatico.

La carne rossa “lavorata”, ovvero quella che dopo la macellazione ha subìto dei trattamenti postumi (salatura, stagionatura, fermentazione, affumicatura o altri processi che ne migliorino il sapore e la conservazione), è stata classificata nel Gruppo 1 A, quello che include gli alimenti che “in base a sufficienti evidenze scientifiche” possono causare un cancro colon rettale.

Classificazioni e livelli di rischio
Nello studio si specifica anche che “a seconda del paese, la proporzione della popolazione che consuma carne rossa varia universalmente da meno del 5% fino al 100%, e da meno del 2% al 65% per le carni trasformate”. Gli studi sono stati analizzati a gruppi per tipologia di cancro e, in alcuni casi, si è riscontrato anche un disaccordo sulla valutazione della documentazione stessa: “The Working Group concluded that there is limited evidence in human beings for the carcinogenicity of the consumption of red meat. There is inadequate evidence in experimental animals for the carcinogenicity of consumption of red meat and of processed meat”.

Lo IARC, dunque, ha inserito queste tipologie di carni in queste due categorie, ma c’è un “ma”: questa Agenzia Internazionale verifica solamente quanto sia valida o meno l’ipotesi che un determinato alimento abbia un tasso di canceronigicità, ma non specifica quanto questa sostanza sia, di fatto, cancerogena. Detto questo, il gruppo di studio ha comunque convenuto che, rispetto alla letteratura utile analizzata, la carne rossa processata dovesse essere nella categoria A1 e quella rossa nella categoria A2.

Nel documento dello IARC troviamo anche una serie di risposte ad alcune domande. Per migliorare la comprensione al lettore, riporto la domanda n.9: Le carni lavorate sono state classificate come cancerogene per l’uomo (gruppo1). Allo stesso modo, il fumo di tabacco e l’amianto sono entrambi classificati come cancerogeni per l’uomo (gruppo1). Questo vuol dire che il consumo di carne lavorata è cancerogeno come il fumo di tabacco e amianto?
No, le carni lavorate sono state sì classificate nella medesima categoria di “causa di cancro” del fumo di tabacco e dell’amianto (IARC Gruppo1, cancerogeno per l’uomo), ma questo non significa che sono tutti ugualmente pericolosi. Le classificazioni dello IARC descrivono, infatti, il livello di evidenza scientifica circa la cancerogenicità di un agente, ma non valutano, come detto, il livello di rischio. I giornalisti e i media hanno dato alcune informazioni che, anche secondo alcuni esperti, sono state travisate. Per questo alcune ricerche possono aiutarci a chiarirci le idee.

Altre ricerche da considerare
Ecco cosa ne pensa il professor David Phillips, di Cancer Research UK, membro dello IARC: “Lo IARC si occupa di identificare i pericoli, non di valutare i rischi. Significa che lo IARC non è tenuto a comunicarci in quale misura qualcosa possa favorire lo sviluppo di un cancro, bensì solo se contribuisce o meno. Per esempio, pensiamo alle bucce di banana: possono causare incidenti, ma di fatto ciò non accade molto spesso. Inoltre, il tipo di danno causato dallo scivolare su una buccia di banana, di solito, non è paragonabile a quello causato da un incidente stradale. In un sistema di identificazione dei pericoli, come quello dello IARC, però, ‘buccia di banana’ e ‘incidente d’auto’ finirebbero nella stessa categoria, perché entrambi possono tecnicamente causare incidenti.”

Susan Higginbotham dell’American institute for cancer research, concorda nel sostenere “che un consumo moderato di carne rossa non aumenta in modo significativo il rischio di tumore del colon-retto”. “Il rischio di sviluppare un tumore colonrettale a causa della carne lavorata resta basso e cresce proporzionalmente all’aumentare del consumo di questi prodotti”, conferma Kurt Straif dello IARC, precisando “che il rischio del 18 per cento si riferisce al rischio relativo e non a quello assoluto di un singolo individuo”. In altre parole, questa percentuale varia nelle singole persone in base a molti altri fattori che non hanno nulla a che vedere con la carne che si consuma: predisposizione genetica, fumo, attività fisica e molto altro ancora: “Non dimentichiamo poi che la carne ha un valore nutrizionale importante e rappresenta un’ottima fonte di proteine, ferro e vitamina B12”.

Paolo Boffetta, un medico che ha lavorato per l’OMS in un gruppo di ricerca simile a quello che ha pubblicato il recente report, la pensa così: “Posso capire che la gente sia scettica su questo report perché i dati non sono tremendamente solidi. Ma in questo caso le prove epidemiologiche sono molto concrete”. Questa invece l’opinione del Professor Dino Amadori dell’Istituto Oncologico Romagnolo e Direttore Scientifico IRST: “E’ un’informazione un po’ tardiva rispetto al vero problema. Indubbiamente possono insorgere dei rischi potenziali se si segue un regime alimentare eccessivamente ricco di carni rosse, nessuno però dice qual è il motivo per il quale questo tipo di prodotti possono essere la causa del cancro. Il motivo è perché questi prodotti inseriscono nello stomaco dei nitriti e dei nitrati e possono, con le ammine presenti nel cibo, in uno stomaco con poca acidità, produrre le nitrosammine. Questo, però, lo si sapeva già da tempo. Io stesso ho pubblicato uno studio nel 1980 che evidenziava questa relazione. Ma un dato che viene omesso spesso è che occorrono alcuni fattori importanti alla reazione.

Ci deve essere, ad esempio, uno stomaco privo di acidità e non deve esserci vitamina C. Pertanto è sufficiente, dopo aver mangiato un cibo di questo tipo, introdurre una bella spremuta d’arancio o pompelmo per scongiurare questa reazione chimica di sintesi ed evitare formazione di nitrosammine. Quindi il problema della dieta è sempre un problema di equilibrio. È imparagonabile il rischio di utilizzo di carne con il fumo di sigaretta che rimane sempre, con certezza, il rischio numero uno su molti fronti”.

In effetti la classe di rischio IARC non indica quanto una sostanza sia cancerogena, ma solo che – sulla base dei dati finora disponibili – quella sostanza sia davvero cancerogena. Questo spiega anche come sia sbagliato mettere sullo stesso piano le carni lavorate e il fumo: entrambi sono in classe 1, ma questo significa solo che gli esperti IARC hanno lo stesso livello di certezza (basata sui dati disponibili ad oggi) che le due sostanze causino il cancro ma non vuol dire che sono pericolose allo stesso modo per la salute. Molti esperti dunque hanno parlato del rischio carne rossa, senza approfondire il motivo per il quale questa può divenire cancerogena.

Punti da chiarire
Ci sono stati alcuni studiosi, anche molto autorevoli, che hanno ricordato che le carni rosse hanno un elevato contenuto di ferro e quindi possono aumentare l’ossidazione corporea; altri che hanno puntato l’indice contro i metodi di cottura “che possono generare sostanze cancerogene”; altri ancora hanno parlato della contaminazione delle carni da parte di farmaci o altre sostanze tossiche legate ai metodi di allevamento e, infine, altri hanno parlato, nel bene e nel male, dei nitriti e nitrati.

Ricordo che l’ossidazione per molti sportivi è uno dei fattori fondamentali per migliorare e incrementare la loro supercompensazione e implementare le loro performance adattandosi al carico di lavoro precedentemente svolto. Infatti alcuni recenti studi dimostrano come, in realtà, chi svolge attività fisica sia più esposto ai radicali liberi e quindi ad un’ossidazione. Ma, proprio per il carico di lavoro svolto, il corpo mette automaticamente in atto una serie di difese per migliorarne il processo antiossidante rispetto al livello basale. Ergo, è azzardato sostenere che sia sufficiente un prodotto contenente ferro per aumentare l’ossidazione corporea. Oltretutto, proprio in virtù di alcune sostanze nutritive che contiene, la carne rossa è utile per migliorare i valori del profilo emocromo, b12, ferro, sostanze molto utili soprattutto agli sportivi.

Per quel che riguarda i metodi di cottura lo stesso documento dello IARC, alla domanda, “I metodi di cottura della carne modificano il rischio?” risponde più o meno così: il ruolo della cottura non è ancora stato pienamente compreso. E, nella domanda successiva, sempre relativa a quale fosse il metodo di cottura più sicuro, risponde: “Secondo il gruppo di ricerca IARC non ci sono ancora dati sufficienti per concludere in maniera definitiva che il modo in cui la carne è cotta influenzi il rischio di cancro”.

Molti divulgatori scientifici anche in programmi televisivi hanno parlato di uno studio durato molti anni. In realtà si tratta di una revisione di 800 studi scientifici, e nello stesso documento di Lancet, si evince che molti di questi studi non sono stati presi in esame perché potevano non dare evidenze scientifiche. Per quel che riguarda i metodi di allevamento, un report diramato da Assica-Assocarni sottolinea come gli animali allevati in Italia e i controlli presenti siano molto più severi rispetto ad altri paesi e continenti. Sempre nello stesso report, a quanto pare, il consumo di carne in Italia è mediamente di 100g al giorno per 2 volte a settimana (28,5g al giorno), mentre il consumo della cosiddetta “carne trasformata” mediamente si aggira intorno ai 25g al giorno.
Ricordiamo che le quantità indicate dallo studio come condizione per un aumento del rischio-cancro si aggira intorno ai 100g al giorno per la carne rossa e per 50g al giorno per quella trasformata.

Quanta carne consumano gli italiani?
Coldiretti stima che il consumo di carne per gli italiani si aggiri intorno ai 78kg a testa, dunque ben al di sotto dei 125kg degli Stati Uniti e 120 kg degli australiani e degli 87kg dei nostri vicini francesi. Definendo anche che per la carne lavorata i metodi e le procedure tramandate nei secoli dalla tradizione italiana fanno dei nostri prodotti una garanzia di qualità contraddistinta anche dai marchi ‘Doc’ che, come noto, seguono rigidi disciplinari di produzione.

In alcune latitudini del mondo, anche per contrastare il timore (a volte giustificato) dei metodi di allevamento, si stanno allevando capi di bestiame esclusivamente “ad erba”. In questo caso i tempi di allevamento e macellazione si dilungano, ma le tutele per il consumatore finale sono molto più elevate.

Nelle realtà rurali italiane è ancora possibile, con un po’ di impegno, trovare qualche agricoltore locale disposto ad allevare il bestiame con i “tempi di un tempo”, il che – come detto – sul piano della tutela della salute, ci garantirebbe standard di sicurezza molto elevati. A questo punto, dunque – per dirimere gran parte della questione – sarebbe interessante uno studio che valutasse i carnivori che usano qualsiasi tipo di carne con conservanti e chi invece utilizza carni non lavorate allevate ad erba e senza conservanti.

Per quel che riguarda Nitrati e Nitriti che si formano nel nostro stomaco, il pericolo numero uno sono, come detto, le nitrosammine, ma come ci ha spiegato con chiarezza l’illustre professor Amadori, la loro potenziale nocività può essere disattivata con l’utilizzo di quantità adeguate di vitamina C. I Nitrati e i Nitriti (nitriti sono identificati dalle sigleE249 ed E250, i nitrati dalle sigle E251 ed E252.) ingeriti con la carne non sono per forza un problema legato direttamente al prodotto stesso, ma sono un problema legato alla loro conservazione e commercializzazione, quindi la questione è ben diversa. Inoltre, esiste ampia letteratura in merito a quello che è l’utilizzo o la ricerca della stimolazione endogena di ossido nitrico (un gas endogeno) attraverso l’utilizzo di alimenti contenti nitrati o nitriti (come la barbabietola rossa o altri tipi di alimenti) che molto spesso si trovano nelle tavole degli atleti perché vengono considerati migliorativi della performance. Quindi, anche in questo caso, tutto dipende dall’equilibrio del nostro tratto digerente (non solo dalla presenza della vitamina C, ma anche dall’equilibrio del nostro biota).

Il nostro corpo è un sistema molto complesso, frutto di un insieme di interazioni in perenne equilibrio tra quello che è lo stimolo subito e la risposta messa in campo. Penso che, a dispetto delle ricerche più serie ed autorevoli, difficilmente si possa trovare uno studioso in grado di affermare, con ragionevole certezza scientifica, che esiste una singola causa o un unico colpevole di un problema, soprattutto se questo problema si chiama cancro.
Secondo la mia esperienza, alla base di un problema, esistono sempre molti fattori scatenanti e penso che l’insieme dell’equilibrio possa generare in noi la salute o la malattia. E che dire delle nostre emozioni e di quelle che ci teniamo dentro? Sono anch’esse un fattore che influenza il nostro stato di salute? Su questo bisognerebbe leggere qualche studio a riguardo molto affascinante.

Questione di equilibrio
Concludendo. Se si genera un allarmismo globale, il rischio è quello di portare molte persone ad eliminare dalla propria dieta degli alimenti che, in realtà, se consumati con moderazione, sono preziosi per il nostro corpo. Si arriverebbe, dunque, ad una ristrettezza di scelte di alimenti che porterebbe a carenze nutrizionali. Quando, invece, si parla di alimentazione, un killer ben codificato del nostro organismo è l’obesità, questo sì un fattore in grado di aumentare i rischi per la nostra salute, sia sul fronte cardiocircolatorio che su quello oncologico.

I media hanno diramato la ricerca sulle carni rosse in maniera diversa: c’è chi lo ha fatto in modo un po’ superficiale indulgendo ad un approccio scandalistico e chi, al contrario, ha scelto la misura e l’equilibrio. Certamente, in futuro, accadranno casi simili, perché l’alimentazione è un argomento complesso. Forse ci parleranno del pesce che contiene un metallo pesante molto tossico nel nostro organismo come il mercurio, oppure della contaminazione dell’acqua per colpa delle condutture, per non parlare di acque in bottiglia contaminate da pvc esposto al sole.

Di questo passo, si potrebbe parlare anche delle aflatossine contenute in alcuni vegetali oppure dell’eugenolo contenuto nel basilico e magari anche dell’aria che respiriamo oppure delle radiazioni alle quali siamo sottoposti con wirless e cellulari. Direi che, ancora una volta, il richiamo all’equilibrio è d’obbligo e, forse, la morale di tutta questa vicenda è ben sintetizzata in un titolo di giornale che vi riporto: “La prima causa di morte è VIVERE”. Penso che occorra molta cautela quando si danno notizie che riguardano una sfera così intima come il cibo. Qualche tempo fa il padre della medicina diceva: “Fa che il cibo sia la nostra medicina e la medicina sia il nostro cibo”. Ma si dovrebbe ricordare sempre che la salute è un grande “puzzle” nel quale noi – con il nostro stile di vita – giochiamo la partita più importante. E allora, per dirla alla Confucio: “Siamo ciò che mangiamo e diventiamo quello che abbiamo mangiato”.

http://www.iarc.fr/en/media-centre/pr/2015/pdfs/pr240_E.pdf
http://scienceblog.cancerresearchuk.org/2015/10/26/processed-meat-and-cancer-what-you-need-to-know/
http://www.bbc.com/news/health-34615621
https://youtu.be/LzaPFvuS0jw
http://www.ilpost.it/2015/10/26/carne-lavorata-rossa-cancro/
Bouvard V et al. Carcinogenicity of consumption of red and processed meat. Lancet Oncol. 2015 Oct 23.
http://www.dica33.it/cont/focus/1511/0200/chi-paura-della-carne-rossa.asp
Larsen F.J. et al. Dietary nitrate reduces maximal oxygen consumption while maintaining work performance in maximal exercise. Free Radic. Biol. Med. 2010; 48(2):342-7.

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