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Saper riconoscere i grassi buoni

Quali sono i grassi alimentari che possiamo accogliere favorevolmente nella nostra tavola? In gara ci sono il burro, le margarine di nuova generazione, il burro di cacao, l’olio di girasole e l’intramontabile olio di oliva…

Alla luce della nuova normativa sui grassi in etichetta e della grande campagna mediatica a sfavore degli oli di palma e di cocco, occorre cercare di capire quali possono essere le scelte degli ingredienti adatti per sopperire a tali diffusissimi “alimenti”. Uno dei punti della nuova normativa prevede che il produttore indichi esattamente il tipo di olio o grasso che ha utilizzato nella realizzazione del prodotto.

Ciò, una volta messi in evidenza gli inconvenienti legati all’olio di palma, ha creato l’esigenza di trovare sostituti efficaci sia dal punto di vista salutistico che da quello industriale. Fra i candidati più valutati ci sono il “caro vecchio” burro, poi le rivalutate margarine di nuova generazione, il burro di cacao, l’olio di girasole e il sempre ricercato e prezioso olio di oliva.

Burro o margarina?
Da un punto di vista nutrizionale, il burro appare come un alimento più adatto rispetto alla margarina tradizionale, anche perché contiene meno acidi grassi trans e minor contenuto in acido palmitico (che favorisce la sintesi di colesterolo). Le margarine di nuova generazione sono “prive di acidi grassi idrogenati” con grassi trans praticamente assenti. Nel processo di produzione queste margarine vengono poi additivate di preziosi grassi omega 6 che sappiamo poter contribuire a ridurre il rischio cardiovascolare.

La margarina rimane tuttavia mediamente più solida e compatta del burro (con vantaggi per la lavorazione dei prodotti) e, nonostante l’aggiunta di omega 3, in molti casi la presenza di acidi grassi saturi è quasi inevitabile. Solitamente poi la margarina ha un punto di fusione più alto (circa 40°), che fa in modo che anche introdotta nel corpo sia più difficile da digerire e metabolizzare. La margarina può essere monoseme, se prodotta da un unico tipo di olio, o poliseme, se gli oli utilizzati per la produzione sono di tipo diverso. In Italia l’olio più usato per la produzione di margarina è l’olio di mais.

La margarina utilizzata in campo industriale può essere anche mista, cioè ottenuta da una miscela di grassi di origine animale e vegetale. Le margarine dure contengono circa il 20% di grassi saturi, quelle morbide circa il 13%.

Va comunque ricordato che il burro è una fonte prevalente di grassi saturi e che la margarina tradizionale registra una potenziale presenza di grassi trans e idrogenati (tranne quelle di ultima generazione). Sarebbe quindi auspicabile un moderato uso di entrambi (anche se una quota di grassi saturi non è certo un problema; soprattutto su uno sportivo). Le considerazioni sulle margarine di nuova generazione sono più positive; infatti sono ottenute da grassi non idrogenati ma interesterificati, ricche di grassi polinsaturi, più digeribili e con un punto di fumo intermedio vicino a quello del burro e comunque ben compatibile con l’organismo umano.

Ci sono alcuni lavori scientifici, come quelli dell’Università di Copenhagen, che indicano come l’uso di margarine non idrogenate e senza grassi trans, arricchiti con Omega 3, abbia abbassato il contenuto di colesterolo LDL e rappresenti una riduzione dei rischi cardiaci.

Il burro di cacao
Un’ulteriore scelta per i grassi da lavorazioni alimentari è il burro di cacao, un grasso che assume una consistenza solida a temperatura ambiente, per fondere non appena si superano i 32-33 gradi. Il burro di cacao è un grasso naturale e costituisce circa la metà del contenuto utile della noce di cacao ed è ricco di acidi grassi (acido oleico e linoleico). Le sue combinazioni di nutrienti aiutano il sistema vascolare anche grazie ai flavonoidi che, oltre ad agire sul colesterolo, hanno funzione antiossidante e abbassano l’aggregazione piastrinica.

Il burro di cacao è molto stabile e i suoi antiossidanti naturali prevengono l’irrancidimento e permettono una lunga conservazione (dato fondamentale per l’industria). Al tatto è poco untuoso e con eccellenti caratteristiche aromatiche che lo possono rendere una prima scelta per tutti i prodotti da pasticceria o da forno. Anche per il burro di cacao occorre ricordare che pur non contenendo grassi idrogenati, ha comunque un alto contenuto di grassi saturi (che andrebbero quindi opportunamente dosati).

Olio di girasole
L’altro “candidato” che abbiamo menzionato è l’olio di girasole, estratto dall’omonima pianta. È un olio molto ricco di acidi grassi insaturi, in particolar modo di acido linoleico e di acido oleico; la presenza di acidi grassi saturi è rappresentata dall’acido palmitico e dall’acido stearico. Pur potendo avere una composizione molto diversa secondo la selezione dei semi, l’olio di girasole ha mediamente 13% di grassi saturi, 19% di monoinsaturi e 68% di polinsaturi. Con particolari varietà (a volte geneticamente modificate) si può arrivare a 10% saturi, 81% di monoinsaturi e 9% di polinsaturi (in pratica un livello di monoinsaturi uguale o maggiore all’olio di oliva). Come molti oli di semi il problema del girasole è che i suoi grassi insaturi sono soprattutto Omega 3 e questo, se usato in grandi quantità, potrebbe sbilanciare ulteriormente il rapporto con i preziosi Omega 6 (che nell’olio di oliva sono in rapporto presenti con circa 1,2-1,5%, mentre nel girasole sono praticamente assenti).

La scadenza degli oli
Sugli oli, sia di girasole che di oliva, pur essendo due fonti desiderabili e privilegiate, va detto che la grande presenza di grassi polinsaturi li rende molto sensibili all’ossidazione; quindi gli acidi grassi reagiscono con l’ossigeno e questo li danneggia. Questa caratteristica li rende più “problematici” per le industrie in quanto la scadenza dei prodotti è più a breve termine (ma non è un problema per i prodotti artigianali). Un’idea che si sta affermando sempre più è quella del burro di cacao, ma anche una margarina vegetale di cui si è assolutamente certi del processo di produzione, quindi non idrogenata, priva (o comunque bassissima) di acidi grassi trans e addizionata con Omega 3, potrebbe essere una alternativa.

Personalmente, pur rispettando i progressi fatti dall’industria nel creare prodotti sempre più salutistici, non dimentico che una margarina è un prodotto fortemente manipolato; questo mi fa propendere verso il burro di cacao e gli oli (soprattutto di oliva). Certamente la nuova legge sull’etichetta deve far rendere più consapevoli e partecipi i consumatori che dovrebbero informarsi sulle peculiarità dei vari ingredienti.

I punti salienti della nuova legge europea sull’etichetta
Il 13 Dicembre 2014 è entrata in vigore la nuova normativa europea sull’etichetta (1169/2011). Gli alimenti confezionati devono avere una tabella nutrizionale con sette elementi (valore energetico, grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, proteine, zuccheri e sale) riferiti a 100 g o 100 ml di prodotto. Per la prima volta viene anche definita la dimensione minima dei caratteri tipografici delle etichette, che devono essere di almeno 1,2 mm (0,9 mm per le confezioni più piccole).

Le sostanze allergizzanti o che procurano intolleranze (come derivati del grano e cereali contenenti glutine, sedano, crostacei, anidride solforosa, arachidi, frutta a guscio, latticini contenenti lattosio) devono essere evidenziate con più chiarezza nella lista degli ingredienti usando accorgimenti grafici (ad esempio grassetto, colore o sottolineatura). Le carni suine, ovi-caprine e pollame dovranno riportare il luogo di allevamento e di macellazione delle carni (come già avviene per la carne bovina). Vengono poi codificate anche “Altre indicazioni sull’origine”, cioè indicazioni che possano trarre in inganno il consumatore (per esempio un prodotto presentato come “made in Italy” ma fabbricato altrove).

Per i grassi non è più possibile usare genericamente la dicitura “oli vegetali”. Va quindi indicata con precisione la natura dell’olio usato nella lista ingredienti. Chi usa olio extravergine di oliva potrà ben evidenziarlo in etichetta. Inoltre, se gli oli o i grassi adoperati sono stati idrogenati, è obbligatorio apporre la dicitura “totalmente o parzialmente idrogenato”. Viene reso obbligatorio indicare la sede esatta del produttore. Ulteriore punto sulla descrizione delle “Stato fisico del prodotto”: non sarà quindi più possibile indicare l’alimento di origine (esempio latte) ma specificare se latte in polvere o altra forma.

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