Apnea per migliorare le performance nel nuoto - La Palestra

Scarica gratis il numero 111

Fitness

Apnea per migliorare le performance nel nuoto

Il campione mondiale di apnea, Mike Maric, medico, coach di grandi campioni di nuoto e membro del Team MP Michael Phelps, spiega l’importanza della gestione dell’apnea e cosa bisogna fare per migliorarla.

Già campione mondiale di apnea, oggi medico e docente universitario, Mike Maric, detto lo “scienziato del respiro” e autore di diverse pubblicazioni, affianca da anni la ricerca scientifica con la metodologia di allenamento nello sport. Membro del team MP Michael Phelps, collabora con i più forti nuotatori italiani come Federica Pellegrini, Gregorio Paltrinieri, Giacomo Carini, lavorando sulle tecniche di respirazione e il miglioramento della subacquea nel nuoto.

Cos’è il 5° stile

La fase di apnea nel nuoto viene chiamata 5° stile, un momento delicato della performance che necessita di una preparazione specifica. Unisce infatti sia la capacità respiratoria, sia la stessa mobilità diaframmatica, snodo fondamentale per sviluppare il “Kick Dolphin”, la battuta di gambe tipo delfino, che permette al nuotatore di incrementare velocità. «Se da una parte l’apnea gioca un ruolo fondamentale, dall’altra bisogna ricordarsi che la gestione del respiro permette di migliorare questa fase delicata», spiega Maric.

«Oggi il 5° stile è ormai ampiamente codificato, ed è parte integrante del nuoto stesso, anche se non sempre viene allenato. Qui intervengo io che sono allenatore di apnea all’interno del nuoto, al fine di migliorare la fase subacquea nel dorso, nel delfino e nello stile libero (non nella rana perché siamo più vincolati per motivi di numero di gambate e bracciate voluti dal regolamento). L’apnea è il momento in cui il nuotatore è più veloce, contrariamente a quello che si può pensare, perché può sfruttare efficacemente il kick dolphin». Per Maric sono due i connotati fondamentali che contraddistinguono il 5° stile: la tecnica dell’apnea, e la biomeccanica. Vediamo nello specifico questi due grandi capitoli con Mike Maric.

Il respiro

Lavorare a secco sulle tecniche di apnea migliora la subacquea sotto diversi punti di vista. «Spesso il limite del nuotatore è che la gestione della fase di apnea è mal gestita, subentra una fame d’aria e quando riaggancia in superficie si scompone e perde centesimi preziosi. Per questo lavorare sull’apnea permette al nuotatore di migliorare l’approccio mentale al 5° stile, aumentando la tolleranza di CO2. Questo perché l’atleta, soprattutto nell’ultima virata, ha un elevato quantitativo di anidride carbonica e l’allenamento all’apnea ti permette di dare maggiore tolleranza all’anidride carbonica» spiega il membro del Team Mp Michael Phelps.

Il diaframma

La gestione del diaframma è un motivo per cui gli allenamenti in apnea, sia in statica, sia in dinamica, sono fondamentali per la gestione del 5°stile. «Con un diaframma allenato il recupero dopo il breakout è più veloce, perché il ritorno elastico del diaframma, dopo la fase di apnea, permette di incamerare aria in maniera passiva, senza un coinvolgimento muscolare attivo. La contrazione del diaframma deve avvenire come un elastico: se questo elastico è allenato, durante l’apnea lo tiri e lui ritorna in posizione naturale, il che vuol dire che entra aria senza la contrazione di quel muscolo» afferma Mike Maric.

Ecco perché un nuotatore dovrebbe accompagnare l’allenamento in acqua con delle sessioni di tecnica, per imparare ad avere un maggior controllo del core e soprattutto per sviluppare il movimento del kick dolphin partendo dal diaframma. «Se riusciamo a spostare il baricentro verso l’altro, facciamo un’azione utile alla performance in quanto si consuma meno ossigeno in subacquea e si esprime più forza. Dal punto di visto biomeccanico, nella fase subacquea, con le mani chiuse a freccia quando il baricentro collima con il centro di rotazione, che in questo caso è il diaframma, aumenta la stabilità del gesto. Portare i due centri nell’ottimale, rappresenta l’optimun, aumentando la potenza e diminuendo al contempo lo sforzo».

Imparare da Michael Phelps

Analizzare Michael Phelps è la cosa migliore per capire il gesto tecnico, secondo Maric. «Se analizziamo la fase di apnea del campione americano vediamo che esprime perfettamente la biomeccanica ideale del kick dolphin nella subacquea. Quando Michael Phelps è chiuso a freccia, il triangolo che formano spalle, braccia e testa, effettua un movimento che nasce dal diaframma, cioè dal punto sotto costale. La gambata si sviluppa dal centro del diaframma e finisce al colpo di frusta del piede».

Come si ottiene tutto questo? «Attraverso una corretta strategia tecnica, cioè attraverso una serie di esercizi in apnea sia a corpo libero che con le pinne per migliorare la propriocezione del corpo (nota anche come cinestesia, è la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio). A questa fase tecnica deve seguire una fase di allenamento che metta insieme la parte di apnea, la parte di respirazione e la parte a corpo libero, con una serie di esercizi di tipo ipercapnico o ipossico, per fare in modo che il nuotatore sviluppi la subacquea nel suo stile di gara. Nello specifico sono due gli esercizi più facili che faccio fare anche ai professionisti, con 2 varianti. Per esempio sono esercizi che Giacomo Carini, atleta del team MP Michael Phelps, ripete tantissimo».

Gli esercizi base consigliati da Mike Maric

1) Supino con braccia lungo i fianchi

L’esercizio più semplice è quello di mettersi in superficie in posizione supina, sguardo verso il soffitto con le pinne e le braccia lungo i fianchi. L’esercizio consiste nel muoversi con le gambe a delfino cercando di far partire il movimento dal bacino e non dalle gambe. Per correggere il classico errore del nuotatore amatore che buca l’acqua con le ginocchia. L’obiettivo è muovere il bacino e bucare l’acqua con la parte addominale per fare le bolle con la parte dorsale, quindi con le pinne o i piedi.

2) Supino con braccia a freccia

Lo stesso esercizio da fare con le braccia chiuse a freccia, dietro la testa, sempre respirando. In questo modo ci si può rendere conto della difficoltà di respirazione e della fatica nel tenere quella posizione. Questo perché l’amatore non ha una perfetta mobilità del cingolo scapolo-omerale e non riesce a stare nella posizione a freccia, con i gomiti aperti e la testa che non è chiusa tra i bicipiti, posizione che da un effetto frenante sull’acqua.

3) Prono con le braccia lungo i fianchi

Sempre in superficie a pancia in giù con le braccia lungo i fianchi. Il nuotatore deve guardare il fondo cercando di tenere la testa dritta e respirando ogni tre battute di gambe a delfino. L’obiettivo è cercare di non basculare con la testa tenendola ferma. E un esercizio di tipo coordinativo perché il nuotatore deve saper respirare ogni tre battute. Spesso facendo l’esercizio il nuotatore va su e giù a seconda del movimento del corpo.

4) Prono con le braccia dietro la testa

La variante è mettere le mani in posizione, allungarle sopra la testa, e fare in modo che con la stessa posizione non affondi con le mani, tenendole ferme per evitare il beccheggio anteriore, che aumenta la resistenza frontale.

«La respirazione è il primo fabbisogno fisiologico necessario alla sopravvivenza ed è oggi anche il più sottovalutato. Proprio per questo motivo, mi dedico a questo aspetto migliorando la consapevolezza del respiro, insegnando le basi mediche e scientifiche di una respirazione corretta e funzionale». 

Mike Maric

Lascia un commento e partecipa alla discussione

Iscriviti alla newsletter