La ginnastica tibetana: per un’eterna giovinezza - La Palestra

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Fitness

La ginnastica tibetana: per un’eterna giovinezza

La ginnastica tibetana è un’antica metodica composta da cinque esercizi denominati “Riti” che nel tempo è stata progressivamente inserita nei programmi di wellness e body mind con ottimi risultati

Sembra che in origine i Riti fossero tramandati oralmente, come in numerose tradizioni religiose ed esoteriche, e che furono divulgati in tutto il mondo a opera di Peter Kelder, grazie al grande interesse sorto negli anni trenta sui metodi di guarigione adottati da alcune comunità di monaci Himalayani. Negli anni ottanta approdarono in Europa diffondendosi come “la fonte dell’eterna giovinezza” e da quel momento sono costantemente in aumento le persone che hanno adottato questa benefica pratica. Personalmente utilizzo i cinque esercizi tibetani da svariati anni in contesti specifici ma da un po’ di tempo a questa parte li inserisco nei corsi collettivi in centri fitness e wellness.
La positività della pratica dei cinque esercizi tibetani ha anche incuriosito la medicina ufficiale. 
Molti medici, infatti, condividono l’opinione che i riti rappresentino un sistema di esercizi che può avere un impatto positivo, se praticato con regolarità, sull’intero corpo così come sulla mente. Sono stati unanimi nel riscontrare che i Riti migliorino la forza muscolare, l’elasticità, la circolazione, le funzioni respiratorie incrementando anche la coordinazione, l’equilibrio, l’energia e l’acutezza mentale.
Alcuni medici inoltre ritengono che il miglioramento della circolazione prodotto dai Riti aiuti il corpo a liberarsi dalle tossine, prodotti di scarto e impurità che sono immagazzinati nel tessuto grasso negli organi e nelle articolazioni. Molti sono convinti che la stimolazione dei chakra, o centri di energia, rappresenti di fatto una stimolazione del sistema endocrino.

Risultati concreti 
Nell’ambito della ricerca scientifica ufficiale si esaminarono i livelli dell’ormone DHEA di 328 persone che praticavano la meditazione dei Riti tibetani e furono paragonati i risultati con quelli di 1.462 persone che non li praticavano. Si evidenziò che gli uomini praticanti i Riti al di sopra dei 45 anni avevano il 23% in più di DHEA e tale percentuale saliva al 47% nelle donne. I loro livelli di DHEA erano quelli che ci si sarebbe aspettati in uomini e donne di 6 o 10 anni più giovani.
Il dottor Bowen, che pratica i riti da più di 15 anni, ha formulato una spiegazione molto precisa sul perché e sul modo in cui i Cinque Riti apportano questi benefici: “La somma totale degli input e degli output neurologici del corpo in un momento dato si chiama stato integrativo centrale”. Pensate ad esso come a un conto corrente. I “depositi” provengono dai recettori meccanici, i nervi sensori specializzati delle articolazioni. La più alta densità di questi recettori meccanici si trova nell’area della testa e della parte superiore del collo, e quasi tutti i Riti comprendono un qualche tipo di flessione o estensione del collo. Questi nervi forniscono un flusso costante di informazioni sensorie al cervello.
Il movimento dell’articolazione stimola i recettori meccanici, e ciò accresce l’attività nel cervelletto e nel talamo. Queste parti del cervello integrano tutte le informazioni in arrivo e regolano il sistema nervoso simpatico e quello parasimpatico, il quale controlla le azioni involontarie, automatiche del corpo, come le funzioni di cuore, polmoni, intestino e ghiandole. Più “depositi” si fanno, migliore sarà l’equilibrio e più opzioni si avranno. La carenza di stimolazione, ad esempio quando una persona è confinata a letto per un lungo periodo di tempo, ha come risultato una diminuzione del “saldo del conto”.

Tibetan gymnastics

Contro la sedentarietà 
Secondo il dottor Bowen, una delle cose che maggiormente contribuiscono al prematuro invecchiamento ed alle malattie croniche è la nostra vita sedentaria ed io mi trovo completamente d’accordo con la sua idea. La carenza di movimento provoca un rallentamento sensorio che influisce su ogni sistema corporeo.
Quando i nervi sensori non ricevono alcun segnale, essi iniziano ad atrofizzarsi, e ciò porta ad una interruzione nelle altre funzioni. I Riti funzionano stimolando i recettori meccanici e rafforzando lo stato integrativo centrale, che a sua volta influisce sul sistema immunitario, sulla digestione, sulla respirazione, sull’attività cardiovascolare e sull’evacuazione. Ecco perché la pratica dei Riti può diminuire la possibilità di contrarre l’influenza o il raffreddore, può ritardare il sorgere di malattie degenerative associate con l’invecchiamento, ed avere un effetto benefico su molti disturbi diversi, dall’artrite ai problemi di sinusite. Una circolazione migliore incrementa il flusso sanguigno, specialmente al volto, portando ossigeno fresco ed elementi nutritivi alla pelle e trasportando via i prodotti di scarto.
Naturalmente, la pratica quotidiana dei Riti, che stimola il sistema nervoso, che a sua volta controlla il sistema circolatorio, contribuisce a un aspetto più giovane e migliore. Chiunque è in grado di apprendere ed eseguire facilmente e a qualsiasi età questi semplici esercizi, pur non avendo esperienza di pratiche ginniche o di yoga: se illustrati da un abile trainer, ognuno può esercitarsi quotidianamente, verificando in poco tempo straordinari risultati. I Cinque esercizi Tibetani sono anche una forma di meditazione fisica attiva, molto efficace per prendere coscienza di se stessi, del proprio corpo fino alla più piccola cellula, in modo particolarmente vivo.

Primo esercizio
Posizione: in piedi, a braccia larghe, palme rivolte verso il basso.
Azione: ruotare su se stessi in senso orario, vale a dire il braccio sinistro ruota verso destra.

Secondo esercizio
Posizione base: distesi a terra, supini. Braccia lungo i fianchi.
Azione: sollevare contemporaneamente le gambe fino alla verticale (piedi flessi a “martello”) e la testa verso il petto. Spalle, schiena e bacino rimangono a contatto con il suolo. Inspirare durante la flessione ed espirare nella fase di distensione. Se risulta difficile alzare e abbassare le gambe distese, si possono piegare le ginocchia durante i movimenti, per impegnare meno i muscoli addominali.

Terzo esercizio
Posizione base: in ginocchio, mani appoggiate all’apice delle cosce, piedi con le dita flesse e in contatto con il suolo, testa appoggiata al mento.
Azione: inarcare all’indietro testa, spalle e schiena. Inspirare quando si inarca ed espirare nel ritorno alla posizione base.

Quarto esercizio
Posizione base: seduti, gambe distese e leggermente divaricate, tronco eretto e palmi appoggiati a terra.
Azione: piegare le ginocchia, sollevare il bacino e rovesciare indietro la testa inspirando. Tornare in posizione base espirando.

Quinto esercizio
Posizione base: proni, il contatto con il suolo è dato dai piedi a dita flesse e dai palmi rivolti in avanti. Testa rivolta all’indietro. Il bacino e gli arti inferiori sfiorano il suolo senza toccarlo.
Azione: spingere e sollevare il bacino portando l’osso sacro al soffitto flettendo l’addome e inspirando. Immaginate di formare una V rovesciata (posizione del cane in Yoga). Espirare tornando alla posizione base.

Respirazione
All’opposto di quanto si fa di solito nei movimenti di esercizio fisico (tipico il lavoro con i pesi e le macchine, in palestra), nei Tibetani si inspira quando si fa l’azione di contrazione e si espira in distensione.

Progressione e ripetizioni 
La pratica dei Tibetani si inizia con un minimo di 3 ripetizioni per ogni esercizio. Normalmente si possono aggiungere 2 ripetizioni ad ogni esercizio ogni settimana, fino a un massimo di 21 ripetizioni.

Quando eseguirli 
È importante la regolarità e la modalità esecutiva, non la quantità. I Tibetani sono da praticare tutti i giorni. Non ha importanza quando, ogni orario della giornata va bene, meglio a stomaco non troppo impegnato. Al mattino danno una bella carica per la giornata, alla sera predispongono a un buon sonno.

David Cardano

Fonte www.lapalestra.it

 

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